
Pesce abbattuto e congelato: le differenze per i ristoratori
Quali sono i casi in cui un ristoratore è obbligato ad indicare sul menu che il pesce che sta servendo è un prodotto congelato? E quando, invece, può fare a meno?
Dire pesce abbattuto e congelato non è la stessa cosa. C’è una sottile differenza che va ben compresa al fine di scrivere un menu corretto che possa andare esente da possibili sanzioni amministrative o, addirittura, penali.
La normativa di riferimento
La prima fonte normativa da consultare per risolvere la questione è il Regolamento (CE) N. 853/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale.
Precisamente, in questa sede ci interessa la Sezione VIII (Prodotti della pesca), Capitolo III (requisiti applicabili agli stabilimenti, incluse le navi, per la lavorazione dei prodotti della pesca), Lettera D (requisiti relativi ai parassiti).
Qui si può leggere che i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi, oltre a quelli specificamente elencati nel testo normativo, “devono essere congelati a una temperatura non superiore a –20°C in ogni parte della massa per almeno 24 ore; il trattamento dev’essere eseguito sul prodotto crudo o sul prodotto finito“.
Ancora, la nota n. 4379-P del 17.02.2011 del Ministero della Salute ha specificato che la suddetta prescrizione si applica anche ai pesce d’acqua dolce, nonché agli OSA che pratichino la vendita al dettaglio.
La differenza tra congelamento e abbattimento
Emerge dunque chiaramente, a questo punto, quale sia la distinzione tra semplice congelamento e l’abbattimento: nel primo caso si tratta di tenere il prodotto in congelatore avendo come unica finalità la sua conservazione; nel secondo caso, invece, occorre sottoporlo ad una procedura di rapido congelamento ad una temperatura inferiore ai -20°C per almeno 24 ore. L’obiettivo di quest’ultima procedura non è, pertanto, la conservazione dell’alimento, bensì la sua “bonifica”, ovvero l’uccisione di parassiti e larve che possono arrecare gravi danni alla salute dell’uomo, come il tristemente famoso Anisakis.
Se il pesce (o qualunque altro alimento), è stato congelato, va data l’opportuna informazione al consumatore/avventore del ristorante mediante apposita indicazione sul menu (“alimento scongelato“), che può andare dal classico asterisco ad una frase poste in rilievo prima dell’elenco delle pietanze. Nel caso in cui ciò non venga fatto, il rischio per il ristoratore è quello di essere incriminato per frode alimentare (art. 515 C.P.).
Se il pesce, invece, è stato abbattuto per questioni di sicurezza alimentare, va comunque data un’indicazione sul menu, ma di tipo diverso, come ad esempio: “i pesci XYZ sono stati acquistati freschi e sottoposti a trattamento di bonifica preventiva conforme alle prescrizioni del Regolamento CE 853/2004, allegato III, sezione VIII, capitolo 3, lettera D, punto 1“.
Il buco normativo: dopo quante ore un pesce abbattuto deve considerarsi comunque congelato?
Né il Regolamento Comunitario sopra richiamato, né la nota ministeriale, purtroppo, sono precise su una questione rilevante: se il pesce rimane nell’abbattitore per più di 24 ore, va considerato congelato?
Il Regolamento, infatti, prescrive solo che l’abbattimento deve durare “almeno” 24 ore, senza dare termini massimi di durata.
La nota ministeriale, invece, dice che “terminato il lasso temporale previsto dalla procedura di bonifica, il trattamento deve essere considerato terminato“.
Manca comunque un termine certo che possa aiutare gli operatori alimentari ad orientarsi al fine di dare ai propri consumatori un’indicazione corretta e che li metta al riparo da possibili contestazioni.
Le possibili soluzioni
Innanzi tutto, le tipologie di pesce non destinato fin dall’origine ad essere mangiato crudo o marinato, vanno dichiarate come “scongelate” sul menu. Lo stesso accade, per altro, per qualsiasi altro alimento per il quale non vi è uno specifico obbligo di abbattimento, come per esempio la carne.
Ancora, la stessa dicitura va utilizzata se il pesce è stato acquistato già congelato, a meno che non sia stata fornita dal venditore idonea documentazione atta a comprovare che il congelamento è stato limitato ai soli fini della bonifica.
Il problema di più difficile risoluzione, tuttavia, rimane il caso in cui un pesce che deve essere consumato crudo o marinato è stato in abbattitore per più di 24 ore. E’ chiaro che il consumatore, in tale ipotesi, non ha nulla da temere dal punto di vista della sicurezza, anzi, vi è stato addirittura un “eccesso” di prudenza.
Il rischio per il ristoratore, semmai, è quello di una possibile contestazione di frode alimentare, poiché l’avventore pensa di mangiare pesce fresco crudo e, invece, è stato scongelato.
Una possibile soluzione potrebbe derivare dalla lettura del Decreto del Direttore Generale della Sanità della Regione Lombardia del 30 aprile 2013, n. 3742 “Istruzioni operative per il congelamento e/o lo scongelamento dei prodotti alimentari di origine animale“, nel quale si legge, al punto 5.4, che il termine “scongelato” non va applicato se la procedura di abbattimento è durata per un arco temporale pari al doppio rispetto a quanto previsto (ovvero 48 ore a -20°C).
Si tratta di un documento dal valore indicativo, valido cioè come linea guida, e non riveste carattere imperativo. Fornisce però uno spunto per risolvere la questione qui esaminata.
Personalmente, ritengo comunque che entro le 96 ore in abbattitore non vi sia la necessità che il pesce vada classificato come “scongelato” invece che “fresco sottoposto ad abbattitura“. Oltre le 96 ore, invece, i rischi di poter subire una contestazione con relativa sanzione sono elevati.
Rimane il fatto che si tratta di una soglia temporale non definita precisamente da alcun testo normativo e, dunque, sottoposta alla discrezionalità degli Organi di Controllo, con possibili strascichi nei Tribunali in caso di contestazioni.
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