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Consiglio di Stato e claim sui botanicals

Consiglio di Stato e claim sui botanicals: una pronuncia di aprile 2020 fa finalmente chiarezza sulla possibilità e sulle condizioni di utilizzo delle rivendicazioni sulla salute.

Stiamo parlando della sentenza n. 2371 del 10 aprile 2020 della Sesta Sezione del massimo organo della giustizia amministrativa italiano.

La vicenda

In breve, la vicenda è originata da una sanzione amministrativa di rilevante importo (250.000 €) inflitta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ad una società italiana attiva nel settore degli integratori alimentari (provvedimento del 9 settembre 2014 n. 25087).

In particolare, il prodotto su cui era ricaduta l’indagine dell’Autorità era un integratore a base di Papaya ed altri estratti vegetali pubblicizzato con claim salutistici (vedi qui la nostra breve guida) che alludevano a proprietà benefiche, soprattutto in termini antiaging e di aiuto nell’alleviare i sintomi di gravi patologie quali l’Alzheimer.

A giudizio del Garante, dette indicazioni, che comparivano nelle etichettature e in altri mezzi pubblicitari, rappresentavano una pratica commerciale scorretta poiché non contenute nell’elenco europeo delle rivendicazioni autorizzate e perché idonee ad influenzare artificiosamente le decisioni dei consumatori, fornendo loro informazioni non vere e comunque eccessivamente allusive.

Contro il provvedimento sanzionatorio, l’azienda ha presentato ricorso al TAR Lazio, che ha accolto la doglianza annullando la sanzione. L’AGCM ha pertanto impugnato la sentenza di primo grado innanzi al Consiglio di Stato.

La sentenza

Il Consiglio di Stato, seguendo un iter logico solido e ben motivato, ha confermato la pronuncia del tribunale amministrativo di prima istanza, giudicando come infondate le censure mosse dall’AGCM col proprio atto di gravame.

La parte più interessante della decisione in commento riguarda la risposta alla domanda se, in relazione ai preparati e agli estratti vegetali, i cosiddetti botanicals, possano essere utilizzate rivendicazioni sulla salute, gli health claim, nell’attesa che la Commissione europea le approvi, così come prevede il regolamento CE 1924/2006.

Ad oggi, infatti, EFSA, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare, non è ancora giunta ad una conclusione circa la validità scientifica di una serie di indicazioni sulla salute associate ai suddetti botanicals, nonostante a riguardo vi siano numerosi studi scientifici e nonostante si tratti di ingredienti utilizzati perfino per la creazione di farmaci galenici.

In altre parole, queste rivendicazioni sono “pending”, pendenti, in attesa di approvazione.

In alcuni Paesi membri, tra cui l’Italia, sono nel frattempo stati adottati atti di rango secondario (non normativi) in cui vengono elencati i preparati ed estratti vegetali considerati sicuri e a cui è possibile riferire specifiche indicazioni in termini di benessere e salute per l’organismo.

Oggi, il testo di riferimento per il nostro Paese è il Decreto del Ministero della Salute 10 agosto 2018 (in particolare si veda l’Allegato 1).

In altri Paesi, come la Spagna, non vi sono linee guida o orientamenti “ufficiali”, ovvero provenienti da organi di governo, il che rende spesso difficoltoso creare prodotti circolabili in tutta l’Unione Europei immuni da possibili sanzioni.

Ebbene, la decisione del Consiglio di Stato mette un punto fermo nel passaggio fondamentale dove sostiene che: “l’utilizzo di claim non rientranti tra quelli autorizzati dalla Commissione Europea di un prodotto riconducibile (per espressa indicazione dell’Autorità) alla categoria dei c.d. botanicals non può costituire il presupposto principale, come la stessa Autorità ha (invece) affermato di voler considerare nel provvedimento sanzionatorio impugnato da N., per sostenere l’antigiuridicità del comportamento di N. attraverso l’utilizzo dei claim più sopra riprodotti”.

Botanicals
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Non solo.

Lo stesso Collegio precisa che la valenza del decreto ministeriale (all’epoca dei fatti vigeva il precedente del 9 luglio 2012) in relazione ai claim non è quella di provvedimento autorizzatorio, ma di semplice linea guida.

Ciò è stato per altro confermato esplicitamente anche nel nuovo decreto, ove si legge che le “Linee guida ministeriali di riferimento per gli effetti fisiologici non fanno parte integrante del predetto DM”.

In ogni caso, l’operatore che intenda discostarsi dall’elenco ministeriale, vuoi perché ritenga di aver individuato nuove proprietà riconducibili al consumo di determinate quantità di un prodotto vegetale, vuoi perché debba esportare il proprio alimento in altri Stati membri, deve munirsi di adeguato dossier scientifico a supporto delle proprie affermazioni e da rendere disponibile, su richiesta, alle Autorità competenti.

A parere di chi scrive, inoltre, sarebbe bene evidenziare, anche tramite asterisco, che il claim pubblicizzato non è ancora stato approvato dalla Commissione e dunque è “pending”.

Senza addentrarci nella pur interessante parte della sentenza ove essa ripercorre e riassume i concetti di pratiche commerciali scorrette e di consumatore medio, basti qui evidenziare come i claim sulla salute ben possono integrare, di per sé e nella loro essenzialità, messaggi pubblicitari ingannevoli se siano tali da ingannare il consumatore medio, in particolare quanto alla natura o alle caratteristiche principali del prodotto, in modo da indurre detto consumatore ad adottare una decisione di natura commerciale che non avrebbe adottato in assenza di tale pratica.

Soprattutto, per quanto qui interessa, occorre richiamare l’attenzione degli operatori che commercializzano alimenti ed integratori alimentari rivolti a particolari categorie vulnerabili di consumatori, come ad esempio coloro che soffrono di una qualche malattia o disturbo, dal momento che questi ultimi risultano particolarmente sensibili a certi messaggi che promettano loro una vita migliore.

Nel caso specifico, comunque, il Consiglio di Stato ha concluso che i messaggi promozionali, tra cui gli health claim, per come erano stati formulati, erano inidonei a confondere il consumatore circa le proprietà dell’integratore alimentare o a suggerire al medesimo proprietà medicinali o comunque del tutto infondate, con conseguente rigetto dell’atto d’appello proposto dall’AGCM.