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Etichettatura ambientale su integratori alimentari

Etichettatura ambientale su integratori alimentari: vediamo un breve riassunto della normativa e degli esempi pratici.

Ovviamente parliamo dell’articolo 219, comma 5, del decreto legislativo n. 152/2006 – “Testo Unico in materia Ambientale” (T.U.A.), come riformato dal decreto legislativo n. 116/2020, concernente l’etichettatura obbligatoria ambientale sugli imballaggi di prodotti B2B (business to business) e B2C (business to consumer).

Vedremo nello specifico diversi casi di integratori alimentari, non perché dal punto di vista ambientale la loro situazione differisca rispetto a quella di altri alimenti, ma perché presentano maggiore complessità in termini di imballaggio, sommando parti in carta, vetro, plastica, ecc.

 

Si ricorda il decreto legge 30 dicembre 2021, n. 228 convertito con modifiche con la legge di conversione 25 febbraio 2022, n. 15, ha disposto la sospensione dell’applicazione dell’intero art. 219, c. 5, T.U.A., fino al 31 dicembre 2022, introducendo altresì una norma transitoria che consente di impiegare il packaging non a norma, purché già commercializzato o comunque già prodotto prima del 1° gennaio 2023.

Pertanto, gli imballaggi anche vuoti già prodotti o etichettati al 1° gennaio 2023 potranno essere utilizzati, anche se non conformi alla nuova etichettatura ambientale, fino ad esaurimento scorte.

 

AGGIORNATO A FINE MARZO 2022

Criticità

Rimangono ancora due criticità non risolte:

  1. l’assenza di una clausola di mutuo riconoscimento per prodotti legalmente fabbricati o commercializzati in altri Stati Membri, in conformità con il diritto euro-unionale (che non prevede l’etichettatura ambientale) e con quello locale;
  2. la mancata notifica del disegno di legge (prima che fosse approvato) alla Commissione UE secondo quanto previsto dalla direttiva (UE) 2015/1535, (la conseguenza della mancata notifica è che la norma potrebbe, e, anzi, dovrebbe essere dichiarata inapplicabile da qualsiasi Giudice italiano).

 

 

A chi si applica

L’obbligo di applicare l’etichettatura ambientale vale per tutti i produttori e distributori/commercianti di prodotti in Italia. Non è questa la sede adatta per affrontare il tema della responsabilità, ma la formulazione letterale dell’art. 219, c. 5, T.U.A. non lascia spazio ad interpretazioni restrittive, con la conseguenza che, in caso di mancato adempimento, potrebbero essere chiamati a rispondere tutti i soggetti che producono, importano ed utilizzano l’imballaggio, compresi quelli di altri Stati membri che vendono prodotti in Italia.

Come già detto, infatti, non è stata prevista la clausola di mutuo riconoscimento, per cui, anche se le merci sono state regolarmente prodotte e commercializzate in altro Paese Membro, devono essere etichettate secondo la legge italiana.

 

Sanzioni

Il Testo Unico Ambientale, all’articolo 261, comma 3, prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da € 5.200 ad € 40.000 per chiunque immetta sul mercato imballaggi privi dei requisiti di etichettatura. È previsto, in sede di accertamento, il sequestro amministrativo dei beni per mezzo dei quali è stato realizzato l’illecito amministrativo (sequestro che potrebbe, al termine del procedimento, dar luogo alla confisca, con definitiva distruzione delle merci sequestrate).

 

 

Etichettatura ambientale

L’art. 219, c.5, T.U.A. va interpretato nel senso di distinguere i packaging B2B (es. espositori dati ai punti vendita in Italia) da quelli B2C.

I contenuti dell’etichettatura ambientale seguono infatti due binari:

  • i) su TUTTI gli imballaggi, la codifica del materiale;
  • ii) sui soli imballaggi B2C, in aggiunta, anche le indicazioni al consumatore su come compiere correttamente la raccolta differenziata.

Per “codifica del materiale” si intende il codice (alfa)numerico di cui agli standard definiti dalla decisione 129/97/CE (sicuramente conosciuta da tutti i fornitori europei di imballaggi), senza altri simboli grafici (come il triangolo composto da tre frecce che ruotano in senso anti-orario), i quali, a seconda dei casi, potrebbe anche aggiungersi al codice, ma il consiglio che ci sentiamo di dare è di limitarsi all’essenziale.

Per fare un esempio, il codice del cartone non ondulato è: PAP 21.

Le indicazioni al consumatore, invece, sono più complesse e verranno trattate nel prosieguo.

 

Imballaggi con o senza parti separabili manualmente

Altra distinzione fondamentale è quella tra imballaggi con e senza parti separabili manualmente.

Un imballaggio ha parti separabili manualmente se si prevede ragionevolmente che un utilizzatore le separerà facilmente con le mani o con semplici strumenti di uso comune per effettuare correttamente la raccolta differenziata (es. una finestra di plastica trasparente su una confezione di pasta) o per utilizzare il prodotto (es. il tappo di una bottiglia di spumante). Caso opposto, invece, per quelle parti che solo a fatica possono essere rimosse, come un’etichetta adesiva su un barattolo di vetro.

Il motivo è semplice: se un imballaggio è formato da una sola parte, o comunque da più parti inseparabili, ai fini del suo smaltimento si considera solo il materiale del corpo principale. Tornando al caso del barattolo di vetro con etichetta adesiva, è evidente che vada smaltito nel vetro, senza preoccuparsi di staccare la fascia di carta con acqua e sapone.

Se, invece, le parti sono facilmente separabili, a maggior ragione se di materiale diverso, ognuna va gestita autonomamente. Si pensi ad una bottiglia di spumante, la quale, oltre al corpo principale in vetro (con etichetta adesiva), comprende un tappo di sughero, una gabbia in alluminio ed una capsula termo-retraibile in PVC.

 

 

Casi

Quindi, di fatto, abbiamo 4 situazioni diverse di imballaggi:

– B2B senza parti separabili manualmente;

– B2B con parti separabili manualmente;

– B2C senza parti separabili manualmente;

– B2C con parti separabili manualmente.

 

1) B2B senza parti separabili manualmente

Va data la sola codifica del materiale del corpo principale, con l’eccezione degli imballaggi neutri (quelli non stampati, economici), per i quali la codifica si può fornire su DDT/fatture/e-mail, ecc.

 

2) B2B con parti separabili manualmente

Va data la codifica del materiale di ogni singola parte separabile, su ciascuna di esse. Se, tuttavia, le singole parti sono OGGETTIVAMENTE troppo piccole per la stampa, o vi sono ragioni tecnologiche per cui non possono essere stampate, allora si può dare la codifica relativamente a tutte le parti sul corpo principale, specificando con disegni o a parole a quale parte si riferisce la codifica.

Es.: espositore di legno con separatori interni in cartone molto piccoli, si può scrivere sul corpo dell’espositore “Espositore: FOR 50; Separatori: PAP 21”, oppure, al posto di scrivere, in italiano “Espositore” e “Separatori”, si possono impiegare disegni/icone esplicativi, con a fianco la codifica.

 

3) B2C senza parti separabili manualmente

Vanno fornite la codifica del materiale e le indicazioni al consumatore per la raccolta differenziata relativamente al solo corpo principale.

 

4) B2C con parti separabili manualmente

Vanno fornite la codifica del materiale e le indicazioni al consumatore per uno corretto smaltimento di ogni parte manualmente separabile, su ciascuna di esse.

Se, tuttavia, le singole parti sono troppo piccole per la stampa, o vi sono ragioni tecnologiche che la impediscano, è possibile dare tutte le codifiche e le indicazioni al consumatore in una tabella sul corpo principale, distinguendo le varie parti a parole, o con disegni/icone chiari. Si noti che nel caso n. 2 l’eccezione della mancanza di spazio è valutata con maggior rigore, visto che la codifica del materiale è molto più contenuta rispetto alle informazioni al consumatore.

 

Vediamo ora degli esempi: da notare che non possono essere presi “copia-incolla”, occorrendo invece sempre verificare col proprio fornitore di imballaggi l’esatto materiale di ciascuna componente separabile manualmente.

 

Esempio 1

Integratore alimentare venduto con astuccio in cartone, al cui interno vi è un flacone di vetro (non trasparente, né verde, né marrone) con etichetta adesiva, chiuso da un coperchio in acciaio.

Sull’astuccio occorre indicare il codice relativo al materiale e l’indicazione al consumatore per lo smaltimento:

 

A questo punto rimangono il vasetto di vetro con la sua etichetta ed il coperchio: l’etichetta non è rimovibile manualmente, per cui non si considera, mentre il coperchio sì. Allora dobbiamo dare la codifica e le informazioni su come smaltire il vetro e l’acciaio. Dove diamo le indicazioni? Se possibile, quella sul vetro la mettiamo in etichetta, quella sul metallo nel coperchio. Se quest’ultimo è troppo piccolo, o vi sono ragioni tecnologiche che rendono la stampa non concretamente fattibile, allora si può creare una tabella in etichetta nel modo seguente:

Esempio 2

Come nell’esempio 1, ma stavolta barattolo e tappo sono in plastica.

L’astuccio va etichettato come nell’esempio 1, mentre in etichetta del barattolo (sempre ammesso che il tappo sia troppo piccolo o impossibile da stampare) scriviamo:

Esempio 3

Integratore alimentare venduto con scatola esterna, al cui interno si trova un blister composto prevalentemente di alluminio.

Tutta l’etichetta a questo punto sta nell’astuccio, ove si scriverà

Esempio 4

Integratore alimentare venduto con astuccio in cartone, al cui interno si trovano un vasetto in vetro ed un contagocce prevalentemente in plastica (ma composto anche da vetro e gomma).

L’astuccio va etichettato come nell’esempio 1, mentre in etichetta del vasetto scriviamo:

 

Dimensione dei caratteri e posizionamento

Non sono stati stabiliti requisiti in merito a formato grafico, colori, altezza minima dei caratteri e posizionamento delle varie diciture.

Il criterio che si applica è il buon senso: tutte le informazioni devono essere leggibili e collocate in una posizione intuitiva, nel senso che siano facilmente reperibili dagli utilizzatori, siano essi professionisti o consumatori finali.

A livello orientativo, si possono seguire le regole sulle informazioni al consumatore in materia alimentare [(regolamento (UE) 1169/2011]: altezza della “X” pari a 1,2 mm (se la superficie maggiore del packaging è superiore a 80 cm2), altrimenti di 0,9 mm.

 

 

Linee guida

La norma, insomma è complessa e per far fronte alle innumerevoli domande degli operatori sono state emanate diverse linee guida, tra cui quelle del CONAI, molto utili e dettagliate.

Più recentemente, il sono state pubblicate le “Linee Guida sull’etichettatura degli imballaggi ai sensi dell’art. 219 comma 5 del D.Lgs. 152/2006 e ss.mm” da parte del Ministero della Transizione Ecologica, riprendendo nella loro essenza le linee guida CONAI.

 


Circolare MITE

Inoltre, è consigliabile consultare i “Chiarimenti sull’etichettatura ambientale degli imballaggi di cui all’art. 219, comma 5 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” rilasciati dal Ministero della Transizione Ecologica con nota del 17 maggio 2021, ove, tra le varie questioni, si precisa che i packaging “neutri”, ossia privi di grafiche o stampe, per lo più utilizzati in ambito B2B, per esempio per il trasporto della merce, venduti tal quali dai produttori ai clienti, possono recare la codifica del materiale anche su fatture o documenti di trasporti o in via digitale.

Ancora, interessante la possibilità per gli imballaggi di piccole dimensioni (capacità inferiore a 125 ml o superficie maggiore inferiore a 25 cm²) o con spazi stampati limitati e quelli con etichettatura multilingua, in cui non è noto a monte il mercato di destinazione, di far ricorso a strumenti digitali (come App, QR code, codice a barre o, ove non siano percorribili nemmeno queste strade, la messa a disposizione di tali informazioni sui siti internet). In tal ultimo caso, a nostro avviso, il codice o l’indirizzo web vanno corredati da un’indicazione testuale o grafica che informi il consumatore che, aprendo quell’indirizzo, troverà le informazioni per lo smaltimento del packaging.