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Health e nutrition claim: una breve guida

Health e nutrition claim: una breve guida per capire cosa sono, le loro condizioni di utilizzo, le diciture vietate e come fare per ottenerne di nuove.

Moltissimi prodotti alimentari in commercio sono accompagnati da un’etichettatura o da materiale promozionale recanti una serie di informazioni facoltative (ossia non obbligatorie secondo quando previsto dall’art. 9 del regolamento (UE) n. 1169/2011 – Food information to consumers regulation – “FIC” o da altra normativa verticale), che rendono tali prodotti più desiderabili per i consumatori.

In alcuni casi si tratta di dichiarazioni sui valori nutrizionali dell’alimento, che lo descrivono, per esempio, come “light”, “più leggero”, con “meno zuccheri” ecc. Si parla, allora, di indicazioni nutrizionali, o nutritional claim.

In altri casi, invece, il prodotto è accompagnato da una pubblicità che ha lo scopo di rimarcare potenziali effetti benefici legati al suo consumo, quali possono essere “per lo sviluppo e la crescita delle ossa nei bambini”, “mantiene la normale pressione sanguigna”, “aiuta la concentrazione”, tanto per citarne alcuni. Queste reclamizzazioni prendono allora il nome di indicazioni sulla salute, o health claim.

In entrambi i casi, la normativa di riferimento è fornita, a livello unionale, dal regolamento (CE) n. 1924/2006 (d’ora in avanti anche “regolamento claim“).

Vediamo cosa stabilisce.

 Il regolamento (CE) n. 1924/2006

Il regolamento (CE) n. 1924/2006 detta la disciplina per tutte quelle indicazioni facoltative che un Operatore del Settore Alimentare (OSA) può impiegare per meglio descrivere le proprietà nutrizionali o salutistiche del prodotto commercializzato, a prescindere dal formato di vendita:sfuso, preincartato o preimballati.

Le norme del regolamento, si ricorda, valgono indifferentemente se le indicazioni di cui sopra vengono inserite sull’etichettatura o in qualsiasi altra forma di comunicazione (social media, web, TV, riviste ecc.) destinata, anche indirettamente, all’utente finale.

Scopo del legislatore europeo è la tutela dei consumatori, nel senso di imporre dei limiti a cosa e a come si vuol esprimere un determinato concetto sulle caratteristiche dell’alimento, al fine di non ingenerare nei consumatori medesimi convinzioni o percezioni falsate, fuorvianti o anche solo esagerate.

Per una panoramica generica e riassuntiva degli scopi del regolamento in parola, si veda la sezione FAQ (frequently asked quesitons) della Commissione Europea.

Cosa à escluso dal regolamento

Tali norme non valgono, dunque, per le comunicazioni che rimangano confinate all’ambito B2B (business to business), HCP (health care professionals) e per quelle di carattere scientifico, purché non vengano nemmeno indirettamente inoltrate, ripetute o rielaborate per il consumatore.

 

 

Principi e condizioni generali per gli health e nutrition claims

Preliminarmente, si ricordano due principi generali espressi dal regolamento FIR ove, all’art. 7, è previsto il divieto di attribuire ad un prodotto alimentare proprietà o effetti che questo non possiede (par. 1, lett b) e il divieto di affermare che l’assunzione di quell’alimento possa prevenire, trattare o guarire una malattia (par. 3).

Venendo ora al regolamento claim, ai sensi dell’art. 3 le indicazioni salutistiche o nutrizionali di un alimento non devono indurre in errore i consumatori, magari facendo leva sui loro timori in relazione a cambiamenti delle funzioni corporee o paventando rischi per il consumo di alimenti concorrenti o, viceversa, spingere ad un consumo eccessivo del prodotto reclamizzato, o ancora lasciar intendere che esso sia essenziale e addirittura sostitutivo di una dieta equilibrata.

 

Condizioni di validità dei claim

Per quanto riguarda invece le condizioni generali di utilizzo di ogni tipo di rivendicazione, sia essa nutrizionale o sulla salute, ai sensi dell’art. 5, è necessario:

  • caratterizzare la sostanza nutritiva la cui presenza, assenza o contenuto ridotto produce un effetto positivo a livello nutrizionale o salutare;
  • caratterizzare la correlazione tra l’assenza o la concentrazione di detta sostanza e l’effetto desiderato e pubblicizzato;
  • dimostrare che tale sostanza è presente o assente nell’alimento nella quantità necessaria per produrre il suddetto effetto;
  • dimostrare che la quantità di prodotto che può essere ragionevolmente consumata fornisce al consumatore la quantità di sostanza di cui sopra, tenuto conto anche della biodisponibilità della sostanza stessa;
  • considerare le condizioni in cui l’alimento sarà consumato, stanti le istruzioni fornite al consumatore finale (per cui non vanno indicati effetti che l’alimento ha al momento del confezionamento ma che non avrà al momento del consumo);
  • dimostrare che un consumatore medio sia in grado di comprendere l’effetto benefico pubblicizzato.

Il tutto, ovviamente, sulla base di dati scientifici che attestino la veridicità di quanto affermato (art. 6) e senza sconfinare nel campo dei farmaci, rivendicando proprietà terapeutiche.

 

Necessità della dichiarazione nutrizionale

Ai sensi dell’art. 7, se l’Operatore del Settore Alimentare responsabile dell’etichettatura del prodotto decide – volontariamente – di inserire un’indicazione nutrizionale e/o sulla salute, è sempre obbligato a formulare la dichiarazione nutrizionale, includendo anche quelle sostanze, non obbligatorie ai sensi del regolamento FIC, a cui sia correlata detta indicazione. Per giunta, non sono ammesse tolleranze per difetto sull’indicazione quantitativa degli ingredienti oggetto di claim.

Detto obbligo non sussiste però per gli alimenti preincartati o venduti sfusi.

Ancora, per gli integratori alimentari (disciplinati a livello unionale dalla direttiva 2002/46/CE), in presenza di una rivendicazione nutrizionale o sulla salute, occorre sempre indicare la quantità delle sostanze aventi l’effetto nutritivo o fisiologico reclamizzato.

 

Alimenti per cui i claim sono vietati

Inoltre, si ricorda la regola generale del divieto di utilizzo di claim per le bevande alcoliche (contenenti più dell’1,2% in volume di alcol), eccetto quelle relative alla riduzione nel contenuto calorico o energetico (art. 4 par. 3), onde evitare che tali prodotti possano ricevere ulteriore spinta pubblicitaria mediante indicazioni che li connotino in maniera positiva.

Simile divieto, ma per motivi diversi, concerne gli alimenti per gruppi specifici disciplinati dal regolamento (UE) n. 609/2013 (ne abbiamo parlato qui): formule per lattanti, alimenti per fini medici speciali e sostituti dell’intera razione alimentare giornaliera per il controllo del peso (in tale ultima ipotesi con la sola deroga ammessa per l’indicazione nutrizionale sulle fibre aggiunte).

Le acque minerali naturali e le acque destinate al consumo umano sono invece soggetti a normative verticali che prevalgono su quelle del regolamento claim.

 

 

Regola aurea sui claim

Oltre a queste prescrizioni generali, valevoli per entrambi i tipi di claim, la regola aurea è che nulla può essere detto, a meno che non sia stato specificamente autorizzato dalla Commissione Europea. Per cui, nel dubbio, tutto ciò che non è strettamente obbligatorio comunicare al consumatore, è bene non dirlo. Se lo si fa, meglio prima controllare, al fine di evitare sanzioni anche assai pesanti (vedi oltre).

L’obiettivo della normativa è, evidentemente, quello di fare in modo che vengano pubblicizzate solo indicazioni sensate e corrette, in modo da aiutare i consumatori a fare scelte dietetiche salutari.

 

 

Il problema dei profili nutrizionali

Tra le “grandi incompiute” della Commissione Europea vi è senz’altro la definizione dei cc.dd. “profili nutrizionali”, cosa che ai sensi dell’art. 4 del regolamento in esame avrebbe dovuto essere stata completata entro il 19 gennaio 2009.

I profili nutrizionali, nelle intenzioni del legislatore comunitario, avrebbero dovuto rappresentare modi per classificare gli alimenti sulla base di calcoli e considerazioni scientifiche che tenessero conto delle sostanze nutrienti (grassi, acidi grassi saturi, acidi grassi trans, zuccheri, sale) in essi contenute nonché delle loro modalità e occasioni di consumo e del ruolo di ciascuno di essi in una dieta equilibrata, in modo da evitare che cibi profilati in modo negativo potessero essere pubblicizzati con indicazioni nutrizionali o sulla salute (salvo alcune).

Questo perché, normalmente, i consumatori attribuiscono ai prodotti recanti claim nutrizionali o salutistici maggior qualità quando ciò, nella realtà, può non essere vero (si pensi ad un alimento con alto contenuto di grassi e sale che rivendica, però, la sua ricchezza di vitamine).

 

 

I rapporti tra claim e marchio del prodotto

Che succede nel caso in cui l’indicazione nutrizionale o sulla salute sia inglobata nel marchio del prodotto, ovvero nella sua denominazione commerciale? Il marchio o la denominazione rientrano nel concetto di claim ai sensi del regolamento (CE) 1924/2006?

La risposta è “sì, ma”.

Sì, dal momento che l’art. 1, par. 3 afferma che l’impiego di un marchio o di una denominazione commerciale o di fantasia sull’etichettatura o in altra forma di comunicazione al consumatore che esprima, anche solo implicitamente, un’indicazione equiparabile a quelle disciplinate dal regolamento, è ammissibile unicamente in presenza di un’ulteriore rivendicazione autorizzata, dal contenuto corrispondente. In caso contrario, detto marchio o denominazione deve essere autorizzato come nuova indicazione.

Il “ma” deriva dal fatto che l’art 28, par. 2 ha concesso un regime provvisorio fino al 19 gennaio 2022 per tutti i marchi o denominazioni che non rispettino il principio di cui sopra, esistenti anteriormente al 1° gennaio 2005. Quindi fino a quella data, un marchio che suggerisca un effetto benefico per la salute o una proprietà nutrizionale può essere impiegato liberamente.

 

 

Le indicazioni nutrizionali

Le indicazioni nutrizionali – o nutrition claim – sono disciplinate dall’art. 8 del regolamento claim, il quale rimanda a sua volta all’Allegato, così come modificato dal regolamento (UE) n. 1047/2012 della Commissione dell’8 novembre 2012.

Di conseguenza possono utilizzarsi solo le indicazioni ivi elencate e alle condizioni specificate, con l’accortezza che eventuali espressioni equivalenti sottostanno alle medesime condizioni.

Si trovano, di fatto, indicazioni per ogni categoria di macro e micronutrienti e per l’apporto energetico dell’alimento:

  • calorie (senza, a ridotto contenuto, a basso contenuto);
  • grassi (senza e a basso contenuto);
  • grassi saturi (senza, a basso contenuto, a tasso ridotto di);
  • zuccheri (senza aggiunte, senza zuccheri, a basso contenuto, a tasso ridotto di);
  • sodio/sale (senza aggiunte, senza sodio/sale, a basso contenuto, a bassissimo contenuto);
  • fibre (fonte di, ad alto contenuto);
  • proteine (fonte di, ad alto contenuto);
  • qualunque altro nutriente (fonte di o contiene, ad alto contenuto, a tasso accresciuto, a tasso ridotto);
  • acidi grassi omega-3 (fonte di, ricco);
  • grassi monoinsaturi (ricco di):
  • grassi polinsaturi (ricco di);
  • grassi insaturi (ricco di).

Vi sono poi due indicazioni ulteriori che vale la pena considerare:

  • leggero/light: equivalenti all’indicazione “ridotto” ma vanno accompagnate da una specificazione delle caratteristiche che rendono il prodotto “leggero” o “light”;
  • naturalmente/naturale: può essere inserito all’inizio di un’altra indicazione nutrizionale.

In ogni caso, qui è possibile reperire in maniera molto rapida l’elenco aggiornato dei claim nutrizionali ammessi.

 

Quali claim non sono considerati nutrizionali

Come si può notare, nell’allegato non compaiono dichiarazioni concernenti l’assenza di lattosio e l’assenza di glutine, le quali, infatti, seguono un’altra disciplina. Precisamente, per il lattosio si veda la circolare n. 27673-P del 7 luglio 2015 e la nota del 14 giugno 2016 del Ministero della Salute, mentre per l’assenza di glutine il riferimento è al regolamento (UE) n. 828/2014.

 

Claim comparativi

Una peculiare categoria di indicazioni nutrizionali è rappresentata dai messaggi comparativi – comparative claim – e riguarda i confronti che un OSA vuole evidenziare tra i valori nutritivi del proprio prodotto e quelli dei concorrenti. È una sorta di pubblicità comparativa in ambito alimentare ed è diffusissima.

L’art. 9 del regolamento in esame ne stabilisce il principio cardine: il confronto va posto in essere soltanto tra alimenti della stessa categoria o appartenenti comunque ad una gamma di alimenti di tale categoria e a parità di quantità di prodotto.


Condizioni specifiche per i claim comparativi

In poche parole, il raffronto deve essere:

  • CIRCOSTANZIATO, nel senso che se la categoria è troppo estesa, ad esempio “prodotti caseari”, è evidente che il confronto andrà fatto sulla sottocategoria più appropriata, come “latte” o “formaggio”. Ancora, si deve avere riguardo alla materia prima dell’ingrediente principale (non si può confrontare il latte vaccino con una bevanda vegetale come il “latte di cocco”), al processo produttivo (una patatina fritta non si può paragonare con una cotta al forno) nonché alle occasioni di consumo (non possono considerarsi sullo stesso piano uno snack da merenda ed un dessert) e alle finalità di utilizzo (per esempio si potrebbero mettere sullo stesso piano vari tipi di dolcificanti per caffè);
  • RAPPRESENTATIVO, poiché non sarebbe logico raffrontare un alimento con un altro, preso singolarmente, non rappresentativo dal punto di vista commerciale della categoria di riferimento. Corretto, invece, considerare la media dei prodotti più venduti sul mercato di riferimento, impiegando dati provenienti da banche dati o ricerche di marketing, oppure un singolo prodotto che abbia però caratteristiche nutrizionali rappresentative della gamma di prodotti oggetto di paragone. È ammesso impiegare come termine di paragone la “vecchia ricetta” dello stesso prodotto.
  • SIGNIFICATIVO, ovvero avere un senso per le scelte del consumatore finale. Ad esempio la composizione dell’alimento che riporta un claima tasso accresciuto di” deve in ogni caso essere conforme alle condizioni dell’indicazione “fonte di”. Altro esempio, non avrebbe senso indicare “a tasso ridotto di” rispetto ad un nutriente insignificante per quella categoria di alimenti (es. una ricotta a tasso ridotto di zuccheri);
  • TRASPARENTE, poiché i criteri adottati per giungere alle conclusioni sintetizzate nel messaggio pubblicitario vanno esplicitati (generalmente si indica in etichetta un sito web in cui è consultabile l’indagine di mercato completa con la relativa analisi).

 

Tipologie di claim comparativi

Le tipologie di indicazioni nutrizionali comparative sono anch’esse elencate nell’Allegato del regolamento, che stabilisce altresì le condizioni per il loro legittimo utilizzo:

  • a ridotto contenuto di calorie (o light/leggero);
  • a tasso ridotto di grassi saturi;
  • a tasso ridotto di zuccheri;
  • a tasso ridotto o accresciuto di altro nutriente.

Le indicazioni “tanto quanto” e “super leggero” non sono incluse nell’allegato e non sono quindi consentite.

 

 

Conclusioni sui claim comparativi

Quindi per fare un piccolo riassunto, sono ammissibili i messaggi che rivendicano un tasso accresciuto o ridotto di nutrienti (+ 30%), un ridotto contenuto calorico (-30%), un ridotto tenore di micronutrienti (-10%) o di sale/sodio (-25%).

L’aspetto della pubblicità comparativa è particolarmente importante e delicato, visto che le sanzioni per chi non applica correttamente la normativa non sono solo quelle previste per la violazione del regolamento claim (vedi paragrafo dedicato), ma possono essere comminate anche dall’Antitrust (e si tratta di sanzioni particolarmente elevate) come pure, in certi casi, dal Giurì dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (per coloro che vi aderiscono).

Per tale ragione, può essere utile consultare la seguente linea guida della Commissione Europea “Guidance on the implementation of regulation n° 1924/2006 on nutrition and health claims made on foods conclusions of the standing committee on the food chain and animal health , 14 December 2007”.

 

 

Indicazioni sulla salute

Le indicazioni sulla salute – o health claim – sono dichiarazioni, esplicite o implicite, che l’OSA presenta sull’etichettatura o su altra forma di comunicazione relativa ad un prodotto alimentare, volta ad affermare o a suggerire che il consumo di quell’alimento possa portare a benefici per la salute.

Dette indicazioni, oltre a dover rispettare le condizioni generali valevoli per ogni tipo di claim di cui agli artt. 3-6, devono altresì aver riguardo alle condizioni specifiche previste dall’art. 10 e con i limiti dell’art 12.

 

Condizioni specifiche per i claim sulla salute

L’art. 10, in particolare, afferma che possono essere impiegati esclusivamente i claim autorizzati, nei modi e alle condizioni previste per ciascuno di essi e solo se accompagnate da ulteriori diciture, di cui due sempre obbligatorie e due eventuali.

Quelle obbligatorie si riferiscono una “all’importanza di una dieta varia ed equilibrata e di uno stile di vita sano” e l’altra a “la quantità dell’alimento e le modalità di consumo necessarie per ottenere l’effetto benefico indicato”.

Quelle eventuali, invece, riguardano l’avvertenza nel caso in cui il consumo eccessivo di quel prodotto possa rappresentare un pericolo per la salute e se vi siano particolari categorie di consumatori che dovrebbero evitare completamente di ingerire quell’alimento.

Vista l’importanza e la delicatezza di queste condizioni, la Commissione, con decisione di esecuzione del 24 gennaio 2013, ha adottato le “Linee guida sull’attuazione delle condizioni specifiche per le indicazioni sulla salute di cui all’articolo 10 del regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio”.

L’obiettivo, pertanto, è informare correttamente il pubblico sia sul fatto che ogni alimento, anche il più salutare, dovrebbe essere assunto nelle giuste dosi e nell’ambito di una dieta varia ed equilibrata, sia sulle corrette modalità, quantità e frequenza di consumo.

 

Le indicazioni generali

Inoltre, l’art. 10, par. 3 prescrive che se vengono adottate indicazioni generali, le quali suggeriscono che il consumo di un determinato alimento o sostanza nutritiva sia positivo per la salute nel suo complesso o per l’aumento del benessere, senza ulteriori dettagli sull’organo o funzione metabolica interessati, è obbligatorio aggiungere anche un’indicazione specifica pertinente (tra quelle autorizzate ovviamente) accanto o dopo quella generica (vi deve essere una vicinanza visiva tra i due messaggi!). Il motivo è facilmente intuibile, se si pensa che i messaggi generici e vaghi potrebbe trarre in inganno il consumatore, portandolo a ritenere che i benefici “millantati” siano maggiori di quelli effettivi. In ogni caso, tra le due indicazioni, quella generale e quella specifica, occorre che vi sia un’attinenza che, a sua volta, sia fondata scientificamente in considerazione della composizione dell’alimento pubblicizzato. 

 

Claim sulla salute vietati

L’art. 12, dal canto suo, pone dei divieti sulle modalità con cui possono essere formulate le rivendicazioni sulla salute. Nello specifico, è prescritto il divieto di affermare o alludere al fatto che l’alimento reclamizzato sia necessario per mantenere un buono stato di salute, o che lo stesso consente di perdere peso in una certa quantità o ancora che l’alimento stesso sia raccomandato da un medico o da un’associazione di esperti al di fuori delle modalità previste dall’art. 11.

Breve menzione anche all’art. 11, il quale rimanda alle disposizioni nazionali, in mancanza di altre unionali ad oggi non ancora emanate, per i messaggi pubblicitari contenenti raccomandazioni a consumare un alimento provenienti da singoli medici o associazioni di carattere medico-sanitario (cc.dd. endorsement).

Ad oggi, in Italia, non vi sono norme di rango primario o secondario emanate in questo senso.

 

Tipologie di claim sulla salute

Fatta tale premessa, le indicazioni sulla salute si dividono in due tipologie, che seguono per altro procedure di autorizzazione distinte: quelle che non si riferiscono alla riduzione del rischio di malattia (art. 13) e quelle che, invece, fanno tale riferimento o che hanno ad oggetto lo sviluppo e la salute dei bambini (art. 14). Si noti che, sebbene possano utilizzarsi solo quelle autorizzate, è ammissibile impiegare delle frasi ad esse equivalenti.

 

I claim “funzionali”

Le indicazioni sulla salute che ricadono nell’art. 13 e che potremmo sintetizzare definendole “funzionali”, possono riguardare una funzione dell’organismo (“La biotina contribuisce al normale funzionamento del sistema nervoso”), una funzione psicologica o comportamentale (“La melatonina contribuisce all’alleviamento dei senso soggettivo del jet lag”) o, ancora, la sfera dietetica/metabolica del soggetto (“Il glucomannano nel contesto di una dieta a ridotto contenuto calorico contribuisce alla perdita di peso”).

 

I claim “funzionali consolidati”

Le indicazioni “funzionali”, a loro volta, possono essere ricondotte a 2 sottogruppi, a seconda che si basino su dati scientifici consolidati e siano ben comprese dal consumatore medio, chiamate, a nostro avviso impropriamente, “indicazioni funzionali generiche” (par. 1), oppure su nuove scoperte e/o comunque su nuovi dati scientifici per i quali, colui che abbia presentato la domanda di autorizzazione per l’utilizzo del claim, abbia chiesto la tutela della riservatezza (par. 5), dette “indicazioni funzionali nuove”.

Nel primo caso, è stata già la Commissione Europea, d’ufficio, ad elencare quelle ammissibili sulla base, appunto, di prove scientifiche ormai consolidate e sulla chiarezza delle rivendicazioni per i consumatori.

A tal fine si vedano, per approfondimento, “European Commission request to the European Food Safety Authority for scientific advice on: the Community list of permitted health claims pursuant article 13 of Regulation 1924/2006 on nutrition and health claims made on foods”; “EFSA’s Modus Operandi for Article 13 (3) Health Claims of Regulation (EC) No 1924/2006” e “Criteria for the initial screening of Article 13 (3) health claims of Regulation (EC) No 1924/2006 Agreed by the NDA panel on 7 October 2008”.

 

I claim “funzionali nuovi”

Per le indicazioni “nuove” la via per l’approvazione è più articolata e lunga (art. 18), in quanto occorre fornire dati scientifici e studi che sappiano dimostrare l’effetto rivendicato come conseguenza specifica del consumo di una quantità ragionevole di alimento da parte di individui sani.

Di fatto si tratta di analisi cliniche di stampo quasi farmaceutico, dovendosi approntare esperimenti randomizzati controllati in doppio cieco contro placebo:

  1. si scelgono individui per formare due gruppi, uno di controllo e uno di intervento e l’attribuzione all’uno o all’altro è casuale;
  2. al gruppo di intervento si somministra l’alimento con le caratteristiche nutrizionali da testare, all’altro un alimento apparentemente uguale, ma senza quelle caratteristiche;
  3. né i partecipanti, né chi conduce l’esperimento sa quale dei due gruppi abbia ricevuto l’alimento da testare, in quanto tale operazione è condotta da un soggetto esterno che poi non prenderà parte all’esame dei risultati.

Vista tale complessità, addirittura maggiore rispetto al campo farmaceutico, poiché qui si parla di soggetti sani sui quali misurare effetti positivi, non sorprende come le domande per indicazioni sulla salute funzionali innovative siano poche e ancora meno siano quelle approvate.

 

I claim sulla riduzione del rischio malattia e quelli per bambini

Le indicazioni sulla salute che ricadono nell’art. 14, possono avere ad oggetto:

  • – la riduzione di un fattore di rischio di una malattia o comunque di una condizione negativa per l’organismo, nel senso di suggerire o alludere che il consumo dell’alimento reclamizzato possa ridurre significativamente le probabilità che tale malattia si possa sviluppare (es. “Il chewing gum senza zucchero aiuta a ridurre la demineralizzazione dei denti. La demineralizzazione dei denti è un fattore di rischio nello sviluppo della carie dentale”); o
  • – lo sviluppo e la salute dei bambini (es. “Il calcio è necessario per la normale crescita e lo sviluppo delle ossa nei bambini”).

Le indicazioni sulla riduzione del rischio di malattia devono necessariamente essere accompagnate da un’ulteriore avvertenza per cui “la malattia cui l’indicazione fa riferimento è dovuta a molteplici fattori di rischio e che l’intervento su uno di questi fattori può anche non avere un effetto benefico” (art. 14, par. 2).

 

I claim ammessi

Qui è possibile consultare il registro Europeo sulle indicazioni sulla salute ammesse, introdotto con il regolamento (UE) della Commissione 432/2012 del 16 maggio 2012, anche se altre indicazioni, per le quali la Commissione UE ha accordato al richiedente la protezione dei dati scientifici utilizzati per chiederne l’ammissione, sono elencate in una sezione a parte (vedi qui).

Per chi volesse fare un’ulteriore ricerca, vi sono anche claim sulla salute non elencati in quanto le relative richieste di inserimento nel registro sono avvenute erroneamente, o perché gli effetti reclamizzati non sono applicabili o verificabili sull’uomo, o ancora perché si riferiscono a all’effetto di combinazioni di vitamine, minerali e acidi grassi omega-3, inutili poiché già vi sono indicazioni legate alle singole sostanze.

Si ricorda che è sempre possibile usare espressioni equivalenti a quelle specificamente figuranti nel registro, secondo le linee guida europee e nazionali:

 

I claimpending

A distanza di ormai molti anni dall’entrata in vigore del regolamento claim, vi sono ancora molte rivendicazioni per le quali EFSA non ha ancora raggiunto una conclusione circa la loro fondatezza.

Le principali afferiscono gli estratti, olii essenziali e altri preparati vegetali (cc.dd. botanicals) e i probiotici. Il risultato è che le indicazioni non sono né autorizzate, né vietate, ma semplicemente “sospese”, a tempo indefinito.

In Italia, il Ministero della Salute ha emanato due importanti atti volti a disciplinare, appunto, l’utilizzo delle sostanze di cui sopra.

Per gli estratti e preparati vegetali impiegati quali ingredienti negli integratori alimentari si fa riferimento al Decreto 10 agosto 2018, che definisce quali sostanze si possano impiegare, le condizioni del loro utilizzo ed i claim sulla salute alle medesime associati.

Per i probiotici, invece, il testo è costituito da una linea guida, rinvenibile al seguente link.

Vi sono altri Stati membri che hanno agito come l’Italia per gli estratti vegetali ma non per i probiotici (es. Francia e Belgio), altri che acconsentono solo alle indicazioni sui probiotici (es. Spagna e Danimarca), altri ancora che, invece, rimangono a dir poco scettici sull’ammissibilità di tutte le rivendicazioni sulla salute ancora non valutate positivamente da EFSA (es. Germania).

Regna, dunque, il caos.

In ogni caso è possibile pubblicizzare un prodotto alimentare con un’indicazione sulla salute pendente, specificando sull’etichettatura che si tratta appunto di un claim per cui la valutazione di EFSA non è ancora conclusa (es. utilizzando la parola “pending” e sue traduzioni) e a patto di possedere un dossier che sostenga la validità scientifica dell’indicazione sulla salute, sotto la responsabilità dell’operatore e nel rispetto di eventuali norme nazionali applicabili (art. 28, par. 5, regolamento claim – cc.dd. misure transitorie). Si veda, a tal proposito, un’interessante sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, di cui abbiamo parlato in questo intervento.

 

I descrittori generici

I descrittori generici (art. 1, par. 4) sono quelle denominazioni che alludono a particolari proprietà benefiche, utilizzate nei vari Stati Membri per contrassegnare prodotti alimentari da almeno 20 anni prima del 21 settembre 2016, data di applicazione del regolamento (UE) 907/2013 della Commissione Europea.

Si tratta del regolamento che ha disciplinato la modalità di presentazione e i contenuti della domanda volta a richiedere l’aggiunta di una determinata indicazione “tradizionale”.

La procedura di autorizzazione è snella e ha il suo primo step nella domanda inoltrata all’autorità competente di ciascun Stato Membro (lo Stato in cui tale indicazione è tradizionalmente usata) e termina con un regolamento della Commissione Europea.

I descrittori generici rappresentano quindi una deroga alla disciplina di cui all’art. 1, par 3 del regolamento claim concernente i marchi e le denominazioni commerciali o di fantasia che, se riferibili ad indicazioni sulla salute, come già detto, a decorrere dal 19 gennaio 2022, dovranno essere autorizzati secondo la procedura ordinaria del regolamento stesso.

Dopo una fase piuttosto lunga di raccolta delle domande, la Commissione Europea ha finalmente adottato il regolamento (UE) 2019/343 del 28 febbraio 2019 che, in allegato, riporta i descrittori generici ammessi. Per l’Italia, le uniche due riguardano una particolare tipologia di fetta biscottata della tradizione ligure-piemontese denominata “Biscotto salute” e la bevanda “tonica”. Nessuna denominazione purtroppo relativa al “digestivo”, tipologia di alcolico molto diffusa nel nostro Paese.

 

Indicazioni di fatto che non rappresentano claim sulla salute

 

Come richiedere un nuovo health claim

Chi volesse richiedere l’autorizzazione all’utilizzo di un’indicazione sulla salute non ancora inserita nell’elenco europeo deve attivare un’apposita procedura gratuita.

 

L’iter è il medesimo per le rivendicazioni di cui agli artt. 13.5, 14.1(a) e 14.1(b), questo anche perché la classificazione iniziale operata dal richiedente potrebbe poi essere modificata dall’EFSA, nel momento in cui andrà a valutare la completezza e la solidità delle prove scientifiche presentate.

A livello operativo, la procedura è indicata dall’art. 15, par. 3, disposizione poi attuata attraverso il successivo regolamento (CE) n. 353/2008 della Commissione del 18 aprile 2008 (così come modificato dal reg. (UE) 1169/2011), che definisce struttura, contenuti e norme tecniche per la redazione della domanda.

Senza voler scendere troppo nei dettagli, è importante evidenziare che una richiesta può riguardare solo la relazione tra un nutriente (o altra sostanza, o alimento o categoria di alimenti) e un unico effetto indicato (art. 2 regolamento).

Inoltre, il dossier scientifico da allegare alla domanda dovrà contenere, per quanto possibile, studi sull’uomo (o sui bambini per i claim ad essi relativi), al fine di evidenziare:

  • la caratterizzazione dell’alimento o componente alimentare per il quale si vanta un beneficio sulla salute;
  • la caratterizzazione del presunto effetto;
  • la dimostrazione scientifica dell’indicazione sulla salute.

 

L’operatore interessato, una volta completata la domanda ed il dossier, è tenuto ad inoltrare il plico all’ente a ciò deputato designato da ciascun Stato Membro. Nel caso dell’Italia, detto ente è il Ministero della Salute – Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione (DGISAN), tramite posta tradizionale o elettronica, P.E.C. o a mani.

Una volta ricevuta la domanda, l’ufficio ministeriale esegue una verifica di validità, sia formale che sostanziale. Tra gli altri aspetti, particolare attenzione viene posta alla sussistenza del criterio della specificità, nel senso che un determinato effetto benefico deve essere associato al consumo di una determinata sostanza alimentare.

Passato questo primo scrutinio con valutazione positiva, il fascicolo verrà inoltrato ad EFSA, chiamata a rendere il suo parere scientifico.

Detto parere (trasmesso per conoscenza tanto al richiedente quanto al Ministero della Salute) verrà notificato alla Commissione Europea, che prepara un progetto di decisione da sottoporre allo Standing Committee on Plants, Animals, Food and Feed, composto da rappresentanti delle autorità competenti dei paesi dell’UE. Dopo un parere favorevole del Comitato, a maggioranza qualificata, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno il diritto di controllo sul progetto di decisione della Commissione e, se non vi sono obiezioni, la Commissione adotta il progetto di decisione, da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.

I tempi non sono certamente contenuti: tra la data dell’invio della comunicazione al Ministero e il parere di EFSA trascorrono, nella migliore delle ipotesi, almeno 6-7 mesi. Da qui alla pubblicazione della decisione della Commissione i tempi, naturalmente, sono variabili e non sempre prevedibili.

 

Linee guida EFSA

EFSA ha predisposto linee guida amministrative e scientifiche per aiutare i richiedenti a predisporre domande di autorizzazione in modo corretto e completo.

Linee guida amministrative:

 

Linee guida scientifiche:

 

Altre linee guida:

 

 

Indicazione nutrizionale o sulla salute?

A volte la linea di demarcazione, apparentemente semplice, tra le due tipologie di indicazioni non è così agevole come potrebbe apparire a prima vista. Vi sono “zone grigie” che danno adito a dubbi e in ragione dei quali la Commissione Europea ha rilasciato un’apposita guida “Guidance on the implementation of regulation n° 1924/2006 on nutrition and health claims made on foods conclusions of the standing committee on the food chain and animal health, 14 December 2007.

A livello generale, se una rivendicazione reca la dicitura “contiene” è, nella maggior parte dei casi, un’indicazione nutrizionale (esempio: “contiene licopene”); se invece, nell’indicare la presenza di un nutriente, viene sottintesa una particolare funzione o effetto sull’organismo umano si ricade, anche nel campo degli health claim (esempio: “contiene antiossidanti”). Tale ultima considerazione vale anche quando la citazione della sostanza viene seguita da un aggettivo che allude ad un beneficio per la salute “contiene fibre prebiotiche”. Nei casi da ultimo citati, quindi, la sostanza deve essere presente in quantità significativa (così come previsto dalle norme sui nutrition claim) e deve altresì, in virtù di detto livello di concentrazione, innescare l’effetto desiderato e reclamizzato (come vuole la disciplina sulle rivendicazioni salutistiche).

Il contatto con le autorità degli Stati membri può, comunque, aiutare a risolvere i problemi di classificazione.

 

 

Sanzioni

L’apparato sanzionatorio, in Italia, è stato definito con il d. lgs. 7 febbraio 2017, n.27, che prevede sanzioni amministrative pecuniarie che possono arrivare fino ai 12.000 € per l’erroneo uso di indicazioni nutrizionali, fino ai 40.000 € per quelle sulla salute e fino a 20.000 € per la violazione delle regole che impongono altre particolari avvertenze.

Per i casi di recidiva è prevista persino la sanzione interdittiva della sospensione dell’attività fino a 20 giorni.

Come sopra già ricordato, trattandosi di messaggi a tutti gli effetti pubblicitari, nel caso fosse integrata una forma di pubblicità ingannevole o comparativa illecita, la competenza spetterebbe all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM – Antitrust), la quale applica il Codice del Consumo ed il d. lgs. 145/2007, con sanzioni ben più elevate. Inoltre, se il messaggio pubblicitario fosse veicolato da soggetti aderenti al Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, il Giurì potrebbe sempre intervenire per bloccarne la diffusione.