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Regno Unito e CBD alimentare

Regno Unito e CBD alimentare: subito dopo la Brexit (leggi questo nostro articolo riepilogativo con le maggiori novità in materia di legislazione alimentare), una grande novità per tutti i produttori di canapa alimentare, che potranno finalmente utilizzare il cannabidiolo e suoi derivati in integratori alimentari o come ingrediente in cibi lavorati.

Da tempo si discute, all’interno dell’Unione Europea, quale sia lo status del cannabidiolo.

Se, da un lato, come testimonia anche il recente decreto del Ministero della Salute italiano (vedi qui), i semi, la farina e l’olio derivanti da semi, entro certi limiti di THC, sono pienamente legittimi per l’utilizzo alimentare, il cannabidiolo rappresenta un territorio accidentato.

In alcuni Stati Membri, quali la Slovacchia (vedi qui) è lecito l’impiego di cannabidiolo e suoi derivati in integratori alimentari, nella maggior parte degli altri, in cui figurano l’Italia, la Germania, l’Austria ecc. esso è considerato novel food e, pertanto, illegittimo fintanto che non verrà approvato con apposito regolamento della Commissione UE, raccolto il parere di EFSA emesso dopo l’apposita richiesta da parte di un soggetto interessato (in questo articolo abbiamo trattato compiutamente del tema).

A seguito di una richiesta sul nuovo stato alimentare del CBD, infatti, la Commissione nel 2019 ha aggiornato il catalogo novel food indicando che non esiste, per questa sostanza, una storia sicura dimostrata di utilizzo prima del 15 maggio 1997.

Le imprese del Regno Unito, nel post Brexit, possono dirsi però fortunate.

Grazie ad una recente dichiarazione della UK Food Standards Agency (FSA) infatti, i produttori e i commercianti britannici di prodotti a base di CBD possono continuarne la vendite su territorio nazionale a patto che procedano ad inoltrare alla stessa agenzia la richiesta di approvazione di tale sostanza come novel food entro il 31 marzo 2021. Dopo il 31 marzo del prossimo anno, solo i prodotti per i quali è stata depositata la relativa domanda potranno rimanere sul mercato, ovviamente a condizione che siano sicuri per il consumo, sotto la responsabilità dei singoli operatori. A tal fine, FSA raccomanda che le donne in gravidanza o in allattamento e le persone che assumono farmaci dovrebbero astenersi dal consumo di prodotti a base di CBD, e, in ogni caso, di limitare l’assunzione a un massimo di 70 mg al giorno (circa 28 gocce di CBD al 5%). Tali avvertenze dovrebbero dunque figurare sull’etichettatura dei rispettivi alimenti.

L’approccio dell’FSA è un compromesso intelligente, poiché ha creato, nel pieno rispetto delle regole europee (ancora applicabili al Regno Unito) un periodo di transizione nel quale non prenderà alcun provvedimento sanzionatorio a carico degli Operatori interessati alla preziosa sostanza derivante dalla canapa, a patto che questi attivino la procedura di autorizzazione.

Detto in altre parole, mentre le imprese italiane, tedesche, francesi (ecc.), in attesa di un regolamento della Commissione sul cannabidiolo quale alimento sicuro, non potranno stare sul mercato, le concorrenti britanniche potranno sfruttare questo tempo per vendere i propri prodotti (ovviamente solo nel Regno Unito).